Volti del contemporaneo colti nel vorticoso evolversi del quotidiano.
Incrociando sguardi e visi di diverse razze e fisionomie, Dimaria registra e ritrae gli attimi fuggenti e determinati particolari: un modo per descrivere i cambiamenti dell’oggi dovuti alla globalizzazione, in onore del concetto moderno di cittadino del mondo. Trattasi di una riflessione sul dispensare emozioni attraverso la rappresentazione paradossale multicolore ed estetica della miscegenazione, parallela alla dimensione pacifista di Mandela ed in antitesi alla dottrina di Gabineau.
Un particolare che accomuna ogni dipinto è l’emozione dello sguardo, emozione universale che sboccia come un fiore negli occhi di chi la prova, osservando, perdendosi e lasciandosi avvolgere dai suoi ritratti.

Tutto può diventare arte, così come è possibile che nulla effettivamente lo sia.
Libere pennellate, gestualità che parte dal fluire della propria energia interiore ed ancora segni di un’opera, svuotata da qualsiasi residuo valore formale, che si esaurisce con l’atto stesso della sua creazione.
Il rifiuto della forma ha ragioni profonde: viene dal disagio degli artisti di fronte all’immane tragedia della seconda guerra mondiale e al disinteresse per l’umanità ed il mondo che ha permesso tale orrore.
Se è vero che le superfici rugose ed irregolari richiamano alla mente sensazioni di spiacevolezza e conflitto, le superfici morbide e levigate inducono più facilmente a sensazioni di dolcezza e di serenità, e l’artista, nella sua scelta e in quella degli accostamenti tra materie diverse, esprime la propria dimensione creativa.
Il Dimaria riesce a questo punto a rompere il confine tra immagine bidimensionale e immagine plastica, proponendo opere che non sono più classificabili nelle tradizionali categorie di pittura o scultura.

Le opere del Dimaria di questa sezione ci trasportano in un dominio dove l’arte non è solo emozione. Tale dominio non è composto solo da sensazioni di intenso piacere, sorpresa, senso di connessione mista a paura e incertezza ma anche di pensiero che tocca le nostre corde più profonde. E’ sempre stata infatti la capacità di pensare e di ragionare, non solo di emozionarsi, quella che ha contraddistinto una persona da un’altra e che ha portato a definire quell’universalismo richiamato nelle sue opere.
Come artisti a cui il lato emotivo dello spettatore interessa meno (pensiamo a Piet Mondrian o Marcel Duchamp) il Dimaria cerca di dialogare quasi esclusivamente sul piano intellettuale con l’osservatore, cercando di stimolare il pensiero piuttosto oltre alle semplici ma sempre importanti emozioni.
Se l’obiettivo finale della pubblicità è vendere: un prodotto, un servizio, un’idea, un partito politico… l’obiettivo finale dell’arte è far ragionare. L’arte è conoscenza e pur essendo anch’essa legata alla vendita, non è quello l’obiettivo primario che un’artista si pone quando si mette al lavoro: l’artista interpreta la realtà, esprime un pensiero e contribuisce a formare una coscienza. La vera arte ci insegna ad avere idee proprie, a costruire un personale pensiero critico.